Sostenibilità: La minima lavorazione del Terreno
L’agricoltore ,come leggiamo su interessanti articoli riportati dal “nuovo agricoltore” e in numerose ricerche scientifiche, può mettere in pratica i criteri di sostenibilità che vengono indicati da ogni manuale di buona pratica agricola.
Noi siamo i custodi della Terra.
Da sempre cerchiamo di effettuare una gestione sostenibile del terreno, che prevede l’eliminazione dell’aratura per introdurre la minima lavorazione e il sodo.
Una nuova ricerca, pubblicato sul sito del World Economic Forum in collaborazione con The Conversation, ci spiega come sia possibile coltivare senza arare i suoli e ridurre così del 30% l’impatto sul clima dell’agricoltura.
Benefici a seguito dell’eliminazione dell’aratura :
- Aumento della porosità grazie all’attività dei microrganismi e delle radici, anche delle colture di copertura.
- Aumento della sostanza organica.
- Maggiore capacità di infiltrazione dell’acqua.
- Minore scorrimento superficiale.
- Minore compattamento.
- Maggiore portanza del suolo.
- Sequestro della CO2 atmosferica.
Cosa possiamo fare allora se non ariamo?
- La minima lavorazione del terreno, che viene effettuata intorno ai 15-20 cm di profondità cercando di preparare il letto di semina in un unico passaggio. Questo tipo di lavorazione è indicata generalmente per tutte le colture a seminativo, fatta eccezione per la bietola.
- Il sodo, cioè la semina diretta sui residui colturali del raccolto precedente in un solo passaggio senza smuovere il terreno.
Non lavorare il terreno ha anche altri vantaggi, soprattutto per gli agricoltori, poiché sono minori le preparazione da compiere. Si può ridurre drasticamente la quantità di diesel che le aziende agricole devono utilizzare, poiché gli agricoltori hanno bisogno di macchinari meno pesanti. Ciò equivale ad una riduzione dei costi complessivi.
La regola numero uno:
Per iniziare un percorso di gestione del terreno che preveda la graduale eliminazione dell’aratura a favore della minima lavorazione e del sodo bisogna evitare il compattamento del suolo. Si deve iniziare già dalla trebbiatura dei raccolti estivi e autunnali, prevedendo l’entrata in campo su terreni non eccessivamente umidi, i saggi del paese ce lo spiegarono sin da subito!
La buona struttura del suolo è il presupposto della cosiddetta fertilità fisica, il cui decadimento è purtroppo un caso molto frequente nel nostro paese che provoca una perdita di produzione, indipendentemente dalla disponibilità di nutrienti. La degradazione fisica del suolo si associa all’erosione dovuta all’azione dell’acqua e del vento, e bisogna tenere presente che per ripristinare un suolo degradato occorrono molti decenni, con l’aggiunta di costi elevati.
La regola numero due:
Per avere un buon risultato dopo l’abbandono delle lavorazioni tradizionali profonde con ribaltamento della zolla, c’è la corretta gestione dei residui colturali, che costituiscono una preziosa risorsa per la fertilità del suolo.
Semplificare le lavorazioni presuppone la distribuzione in maniera omogenea sulla superficie del terreno dei residui della coltura precedente.
Semplice , no?
La terra diviene più soffice, nutriente, si riduce di molto l’erosività, si mantiene più a lungo l’umidità nel terreno e ovviamente si incrementa significativamente la presenza della bio-fauna!
Regola numero 3:
Utilizziamo le colture intercalari ovvero le colture di mezzo lì dove sono gli spazi vuoti.
leguminose, graminacee etc..
Fornendo adeguata copertura del suolo nei periodi di maggiore difficoltà!
L’obiettivo di quest’articolo è offrire un punto di riflessione a tutti noi consumatori e spronarci a conoscere le aziende da cui compriamo il nostro cibo sapendo che anche nel modo in cui scelgono di coltivare passa il rispetto per la terra e quindi il rispetto verso tutti noi e la prospettiva di un futuro migliore.